Anno V – N.4 dicembre 2006
Un anno di attività
Doppio spazio in questo numero di CICORIA per evidenziare le attività svolte quest’anno. Un anno molto attivo quello che sta per chiudersi per l’Associazione “via Montereale”, che ha visto la realizzazione di quasi tutti i progetti messi in cantiere all’inizio del 2006, a cominciare dal Progetto Tuareg. A Pordenone esiste l’unica comunità in Italia di questo straordinario popolo le cui gesta hanno pervaso il nostro immaginario collettivo. L’impegno del sodalizio pordenonese ha permesso la costruzione di un primo pozzo nel deserto e di cui, assieme alla partecipazione al Tavolo regionale dell’Acqua ed all’avvio di una scuola primaria sempre nella stessa zona, diamo conto nelle pagine successive. Fra le varie attività svolte c’è la serata realizzata in onore di Michel Petrucciani con ospiti Giovanni Mirabassi e Flavio Boltro giunti direttamente da Parigi per ricordare con la loro musica il grande pianista jazz. Boltro, peraltro, ha suonato con Petrucciani. La Collana editoriale, per passare ad altro argomenti, si è arricchita non solo della seconda edizione di “Inno alla Nutella” di Giacomo De Nuccio, ma ha anche proposto per la prima volta in Italia una testimonianza scritta sul Metodo Dozzo, metodo d’avanguardia e “post delacatiano” per il recupero dell’handicap. Ancora sull’handicap molto gradimento ha ottenuto il Convengo organizzato in accordo con l’Amministrazione provinciale di Pordenone e il Liceo Leopardi-Majorana di Pordenone su talune avanguardie che fanno riflettere sulle nuove possibilità di integrazione degli allievi disabili nella scuola. Infine, l’India ha occupato i nostri sogni per un breve ciclo di conversazioni formulate dall’orientalista Claudio Nappo. Non resta che ringraziare tutti coloro, pubblici o privati, che ci hanno aiutato.
Ludovica Cantarutti
L’India delle donne
Conoscere l’India delle donne è stato il tema principale dei tre incontri promossi da “via Montereale” attraverso altrettante conversazioni dell’orientalista Claudio Nappo e tenute a Pordenone nel mese di novembre. Proponiamo una riflessione sul tema. Ogni volta che apro l’armadio, tra i miei vestiti classicamente occidentali, due macchie di morbida vivacità risaltano subito agli occhi. Il rosso rubino e l’oro di due sari acquistati nel mio primo, e per ora unico, viaggio in India…..serica scia di un magma di sensazioni che ancora oggi stento ad afferrare. A cavallo tra il 2005 e il 2006 un pretesto banale, quello di raggiungere una cara amica, mi fornisce l’occasione di volare verso quell’Oriente che da sempre mi ha richiamata con voci sussurrate ma insistenti. Non un viaggio alla ricerca di me stessa o di chissà quale spiritualità. Solo un “andare a vedere com’è, o meglio cos’è l’India” per raffrontarlo con le poche conoscenze derivate dai libri. Sindrome di San Tommaso? Probabile, eppure da questo breve percorso iniziato senza aspettative, che da una grigia Dehli mi ha portata verso un solare e rigoglioso Sud, sono inconsapevolmente risorta più conscia delle mie esigenze, dei miei limiti e dei miei tesori.. Un itinerario on the road che attraversando le regioni del Tamil Nadu, del Kerala e del Karnataka, in macchina, autobus notturni, treni sovraffollati, mi ha fatto percepire le grandi e affascinanti contraddizioni di un’umanità eterogenea ed infinita. Donne dall’innata eleganza, nei loro sgargianti sari, lavorano in mezzo a polvere e traffico per la costruzione di un marciapiede, o all’esterno dei templi intrecciano con gesti rituali collane di tageti da offrire a quelle divinità che sembrano rimanere indifferenti alla miseria dei pellegrini. Bambini nelle prime luci del mattino si lavano i denti all’esterno delle capanne in cui abitano, in villaggi tutti terra e fango ai bordi della strada, per poi indossare una divisa scolastica, sorprendentemente linda a dispetto delle loro condizioni di vita, e dirigersi in gruppetti ordinati verso la scuola più vicina. Uomini in sovrabbondanza si dedicano allo svolgimento di un qualsiasi lavoro, dove per l’occidente un’unica persona è già considerata spreco di investimenti. Templi dall’architettura strabiliante ed imponente, all’interno dei quali c’è il rischio di imbattersi in uno “sportello” bancario….quasi uno schiaffo alla presenza fissa dei mendicanti. Una natura lussureggiante e splendente, del cui stato di conservazione non sembra importi molto.. Un mondo dove i matrimoni combinati sono ancora una realtà che a noi suona quasi medioevale, contrasta con una delle potenze che primeggiano sul palcoscenico mondiale nella scienza e nella tecnica. E poi la burocrazia, retaggio sbiadito del vecchio dominio inglese, che persa ormai ogni efficienza se ne và a braccetto con una ciondolante lentezza, provocando spesso l’esasperazione. Così, da San Tommaso pentito, per non rimanere invischiata in sensazioni che portano ovunque e da nessuna parte, non uso più i miei occhi per guardare le cose, ma quelli del Viaggiatore…grazie a questi nuovi occhi affronterò con gioia i viaggi e la vita a venire. Dopotutto, anche il Rig Veda, (una delle quattro raccolte che formano i testi antichi della Scienza Sacra) ci sprona a vagare: “non c’è felicità per colui che non viaggia!”
Marina Pontuti
Danza orientale danza del ventre
Nasce dalle antiche società matriarcali della Mesopotamia per propiziare la fertilità e celebrare il parto. Nel corso dei millenni subisce influssi ed innesti stranieri, in primis arabi e indiani, e si trasforma in un prodotto artistico all’insegna della grazia. Al giorno d’oggi si è portati a pensare che sia una mera forma di intrattenimento, eppure, vivendola ci si rende conto di quanto le sue radici celebrative permangano. Certo, non più celebrazione della Divinità, ma della femminilità e della gioia. Una danza delle donne per le donne, dove l’elemento sensuale e attraente, primo a balzare agli occhi, cede il passo alla riscoperta del proprio corpo e della propria espressività. Un confronto sul femminile dove lo spazio si riempie di fascino sottile e grazia, e sulle onde della musica anche le emozioni abitualmente trattenute trovano la loro manifestazione. Tutto converge verso l’equilibrio, fisico (miglioramento della circolazione sanguigna, dei dolori mestruali e di quelli della colonna vertebrale) e psicologico (rilascio delle tensioni, acquisizione di una maggiore consapevolezza corporea, riscoperta della femminilità). Quindi, perché non provare?
M. P.
La danzatrice del ventre
Danzatrice del ventre da sei anni. In orario serale, per passione e per arrotondare lo stipendio. Una sera vede fra la gente in sala un uomo che riconosce subito: una amico del Paese d’origine. Ritrovarsi nella sera d’inverno è emozionante; dopo tanto tempo. Lo spettacolo di danza sfuma, si trasforma in una cena. Spaghetti alle sarde, in un locale caldo. Scorrono i racconti. Calore umano e gioia semplice di stare insieme condiscono la cena. Chiacchierando si sfiorano le mani, spesso. Si accarezzano il viso, per la felicità di essere lì. Una festa. All’uscita del locale, aspetta il freddo della sera. Un abbraccio prima di salire in macchina: senza pensieri, diventa un lungo bacio. La testa è frastornata ed il cuore in tumulto. La sera dopo si fa vivo. Ha sognato tutta la notte – dice – perché quel bacio gli ha confuso la testa e fatto scorrere forte il sangue nelle vene. Racconta di un rapporto familiare affettuoso, con una moglie a cui fa da padre, non da marito. “Mi accogli, sto bene con te, mi sento vivo, intimo” dice lui, commosso e felice. Intenerisce il suo tremore, un piccolo singhiozzo in fondo alla gola. Abbracciando, stringe forte e dice: “Ma questo è amore”. Lacrime di tenerezza nel buio. “Non dirmi mai niente che non sia vero, perché ci crederei. Non travolgermi”. Le mani di donna seguono le parole, ponendosi a coppa attorno al viso maschile, sfiorando le sopracciglia con tocco delicato ed affettuoso. “La pelle non mente! – esclama stupito dalla compatibilità e dalla gioia vitale che sente. “ Abbiamo perso tutto questo tempo”- chiede stupito accarezzando dolcemente”. “Sei mia? – domanda. Sono tuo! – dice a bassa voce, guardando negli occhi profondamente”. È l’ultimo incontro. Lascia la delicata preda, il conquistato “star bene”, con una chiusura telematica quanto mai moderna, impersonale e vile. Questo depone a favore di un’esperienza falsificata di sperimentazione di benessere e mette il dubbio che si sia trattato di un episodio di edonismo narcisistico passeggero, piuttosto che una ricerca, seppur altra, di comunicazione piena fra uomo e donna.
Chiara Enrichetta S.
Il Metodo Dozzo – Nuovo Quaderno dell’Associazione
Una visione globale e rispettosa del bambino. Da questo concetto nuovo (ma Bruna Dozzo lo applica da oltre vent’anni) partono i presupposti di un metodo d’avanguardia per il recupero dell’handicap fissato per la prima volta in Italia su carta. Si tratta del Metodo Dozzo (questo è il titolo del Quaderno edito dall’Associazione “via Montereale”) e trae origine dal lavoro degli americani Sandler e Brown, nel quale la dottoressa veronese (è fra l’altro uno dei fondatori di AGOR di Verona) spiega in cosa consiste il suo metodo di recupero dei bambini cerebrolesi, ma anche autistici o affetti da altre patologie. In un’epoca come la nostra nella quale la personalità del bambino non viene molto considerata, se non proprio calpestata, Bruna Dozzo ci insegna ad andare controcorrente, in una sfida che mentre cura i piccini educa i grandi. Il Quaderno può essere richiesto anche presso l’associazione, al numero 0434 363255.
Tarhalelit
La mostra sulla danza Tuareg, uno dei cinque blocchi della grande mostra allestita dall’Associazioen “via Montereale” per onorare la cultura del signori del deserto, è sbarcata a Trieste. Una ventina di fotografie, infatti, sosteranno al Teatro Miela fino al 13 dicembre. L’inaugurazione è avvenuta il 16 novembre scorso alla presenwa di Michele Negro in rappresentanza dell’Assessore regionale Antonaz. L’esposizione è stata realizzata nell’ambito del progetto regionale del Tavolo dell’Acqua cui partecipano i maggiori enti non governativi della regione Friuli Venezia Giulia. Anche l’Associazione “via Montereale” ha partecipato al Tavolo ottenendo le risorse per realizzare due pozzi d’acqua in Niger, nell’arido deserto a 110 chilometri da Agadez.
Mostra Tuareg ad Aviano
Altra mostra sui Tuareg, stavolta il blocco principale dell’intera raccolta dell’artista Udo Koehler, è esposta ad Aviano fino al 10 dicembre, presso la Biblioteca Civica. La mostra propone anche un manichino vestito di tutto punto, i famosi gioielli Tuareg ed una serie di espressioni tipiche della cultura come la scrittura, alcuni libri ed alcuni oggetti prodotti dai signori del deserto.
Piccola corrispondenza dal Niger
Finalmente, dopo più di vent’anni di siccità estrema, quest’estate è piovuto in Niger. Un regalo dal cielo che fa sperare i “giardinieri”, cioè i contadini dei piccoli orti irrigabili e che va a nutrire anche le scarse risorse idriche della zona. Ne trarrà vantaggio anche il pozzo appena terminato, nel Ouadi Tissumma. È stato costruito e cementato con i fondi raccolti ed inviati dall’Associazione “via Montereale” e con la collaborazione della mano d’opera della cooperativa “Tillalt” di Abardac, località situata a 110 chilometri da Agadez. Nel frattempo, si è già realizzata una prima ricaduta del completamento dell’opera idrica poichè nelle vicinanze del pozzo si sono aggregate alcune capanne. Da qui è partita ed è arrivata a Pordenone tramite la voce di “Mondo Tuareg”, l’associazione legalmente riconosciuta che rappresenta la comunità Taureg della Destra Tagliamento, unica in Italia, la richiesta di attivare al più presto una scuola per i quaranta bambini della zona. La proposta è quella di costruire con i contributi spontanei raccolti dall’Associazione “vai Montereale” una prima “scuola di paglia” edificata con tecniche tradizionali di intreccio ed una capanna che funge da abitazione per il maestro che si trasferirà nel Ouadi Tissumma. In questo modo è possibile cominciare a scolarizzare i bambini e le bambine della zona in tempi estremamente stretti: l’attività della scuola ha preso il via nel mese di novembre del 2007. Questo impegno dell’Associazione pordenonese si affianca alla sua presenza al Tavolo Regionale dell’Acqua dal quale ha ottenuto un primo finanziamento per proseguire con la costruzione di pozzi d’acqua nel territorio sahariano. Di pozzi ce ne vogliono almeno sedici.
Marina Stroili
Niger a Venezia
Si trova a Venezia, al Museo di Storia Naturale, testimone della Spedizione Scientifica di Giancarlo Ligabue in Niger, che nel 1973 consentì la scoperta di un giacimento fossile di dinosauri, forse il più grande al mondo. Qui è esposta con accurata scenografia l’enorme mole dello scheletro originale dell’Ouranosaurus nigeriensis, che con i suoi sette metri di lunghezza per tre d’altezza e i suoi 110 milioni di anni, rappresenta uno dei più rari reperti del mondo di questo tipo esposti nei musi italiani. Il nome Ouranosaurus nigeriensis (famiglia degli Iguanodonti) deriva da “ourane” che in lingua tuareg significa coraggioso, “saurus” per definirne l’appartenenza ai rettili, “nigeriensis” in quanto i resti fossili sono stati ritrovati appunto in Niger nella zona del Sahara Gadfoua. Questo esemplare è lungo 7,2 metri, alto 2,4 metri al garrese e oltre 3 metri in posizione eretta. Si stima potesse pesare oltre 2 tonnellate. Erbivoro, si nutriva di foglie, frutti, semi che strappava con il becco e triturava con i denti. Viveva in branchi in ampie aree emerse nelle vicinanze di fiumi e aree paludose, con vegetazione composta da conifere, felci e piante acquatiche.
Capire le avanguardie
Cultura con una visione integrata per affrontare le problematiche legate all’accoglienza di disabili nella scuola. Se la fine del millennio è segnato da scientismo, tecnologia e ricerca spinta, per quello successivo la parola chiave sembra essere “integrazione” per supportare in ogni modo l’apertura della comunicazione, intesa come espressione di sé ed anche valorizzazione delle persone che hanno difficoltà ad esprimersi. Su tutti i fronti: sociale, medico, psicologico, filosofico. Un mosaico di tessere per comporre una visione dell’uomo integrata dagli apporti di più discipline e più approcci. Questa è la strada seguita dallo straordinario convegno “Genialità & integrazione, nuovi percorsi per l’accoglienza dei disabili nella scuola”, organizzato dall’Associazione “Via Montereale” e dal Liceo “Leopardi-Majorana”, in accordo con l’Amministrazione Provinciale di Pordenone, svoltosi presso la sede dell’Amministrazione Provinciale. Oltre 150 i partecipanti, provenienti da tutta Italia insieme ad alcuni ragazzi peculiarmente abili e le loro famiglie. Ad accoglierli le autorità cittadine in rappresentanza delle Amministrazioni provinciale e comunale. In questo caso il lavoro di composizione del complesso quadro conoscitivo ed operativo alla diversità, forse sarebbe meglio dire alla peculiarità individuale, è stato fatto magistralmente da Sophie Chastel, operatrice del metodo Berard, da Loredana Alajmo, formatrice del metodo Feuerstein, da Roberto Pozzar, coordinatrore regionale per l’handicap in Liguria per il ministero dell’Istruzione, da Carlo Pontesilli, attore e da Sergio Vitali, neurospichiatra infantile. Il panorama delle strade dell’avanguardia che si occupa di queste ricerche è stato realizzato partendo dal racconto dell’esperienza personale della scrittrice Ludovica Cantarutti sul percorso di scoperta espressiva e comunicativa di sua figlia Scilla attraverso l’utilizzo della “Comunicazione Facilitata”. Ha proseguito Sophie Chastel, che ha illustrato “la ginnastica che promuove il linguaggio”, cioè il metodo AIT messo a punto dall’otorinolaringoiatra francese Guy Berard. Si tratta di una tecnica che utilizza a livello diagnostico e terapeutico, rispettivamente, capacità di percezione uditiva delle diverse frequenze e rieducazione, per ottenere sviluppi espressivi, del linguaggio, dell’equilibrio psicologico complessivo della persona. Il Programma di Arricchimento Strumentale (Feurestein) è stato presentato da Loredana Alajmo. Una tessera che va a comporre il quadro delle strategie di intervento attraverso la certezza della modificabilità cognitiva strutturale dell’individuo e della capacità del nostro cervello di modificarsi in virtù della sua plasticità. Tutto questo, grazie all’intervento di un educatore-mediatore in grado di veicolare gli stimoli con tecniche appropriate. Della Comunicazione Facilitata ha parlato Roberto Pozzar, descrivendo il suo progressivo convincimento sull’efficacia del metodo, che consiste nello sviluppo delle abilità di comunicazione attraverso l’indicazione con un partner, il facilitatore, che, in diverso grado e misura, supporta la persona nell’utilizzo di uno strumento, che può essere una macchina da scrivere o la tastiera di un computer. Infine, l’attore Carlo Pontesilli ha letto l’atto unico dal titolo “Il maesto e l’ostica” scritto da Ludovica Cantarutti, dedicato al facilitatore, figura delicatissima nel panorama degli operatori che si dedicano al recupero delle disabilità, visto che la metodica del sostegno, sia esso al polso o semplicemente una mano sulla spalla, richiede grande sensibilità, coinvolgimento e professionalità. Ha chiuso il convengo l’intervento del neuropsichiatra infantile Sergio Vitali, che ha descritto alcuni dei nuovi percorsi, fra cui la ricerca sul sistema neuronale a specchio, che permette la consonanza fra individui senza l’intervento di elementi cognitivi.
M.S.
Scoliosi
Qualche anno fa conobbi una bellissima ragazzina di 12 anni, dritta come un pennello, che due anni dopo aveva una scoliosi a 45 gradi. Fu operata, portò il busto e la situazione venne risolta. Fu in quella occasione che interpellai i colleghi ortopedici. Le conclusioni a cui giunsi furono che gli ortopedici ignorano le vere cause della scoliosi. Inoltre ignorano che esiste un popolo che non conosce la scoliosi. Questo strano popolo, oltre ad ignorare la scoliosi non ha mai avuto un esercito, non ha mai fatto una guerra, non ha mai dato vita ad un terrorista. Curioso, vero? Questo popolo è il popolo dei ROM, più noti come zingari.
Felice Vanzetti, psichiatra
Amori altri
Amori peculiari (diversi?) Sono scandalo, sovversione dell’ordine esistente, anche rivoluzione. Nascono, a volte restano sotto le braci lungo tempo prima di rinascere.
• Italia-Inghilterra: un uomo ed una dona si scrivono SMS quattro volte al giorno; dal vivo si vedono una, massimo due volte all’anno in una romantica città del Nord Italia. Per sette anni. Con un SMS l’affascinate professore inglese ha detto addio al sogno, per seguire una terapia familiare.
• L’amore assoluto e totale di Ludovica per Scilla, la figlia autistica. Illuminato dalla volontà indomabile di garantirle una qualità della vita. Con tutti i mezzi possibili sulla terra. E non solo; anche con i miracoli.
• Ti lascio, libero, amore, di desiderare un’altra. Perché, profondamente, mi amo.
• L’amore per la libertà del Cile ha chiesto un silenzio di 33 anni per risorgere. Con una donna.
• Straziata e deliziata assieme: amo un uomo, all’altro voglio bene. “Non so perché – voce femminile calda – semplicemente accade.
• Lei mi ha tradito e lasciato. L’ho amata. Non avrei voluto figli da lei. Non avrebbe saputo educarli.
• Si dilegua senza un addio. Vivrà con il timore fuggitivo che un giorno lei lo guardi negli occhi. Chiedendosi chi ha ingannato di più: sé stesso, la moglie, l’altra.
• Stati Uniti-Italia via mail: “Amore, mandami una tua foto un pò velata. Ti sogno ogni notte con desiderio. Mi manchi. Lui ha 73 anni, lei 75.
• Milano-Atene. Al telefono. “Sono andata a comperarmi un reggiseno con una amica; lei mi ha fatto una scenata di gelosia”.
Marina Stroili
Le parole piene e quelle vuote
Parole piene e parole vuote: quelle piene sono portatrici di energia. Trasmettono entusiasmo, si traducono in scelte, azioni, progetti concreti, mentre quelle vuote risuonano dall’orecchio alla testa, sono striminzite, magre e senza gambe, prive di forza per correre. Le parole vuote, le frasi vuote, si riconoscono perché si fermano a mezza strada fra bocca e naso e riempiono chi le dice, gonfiandolo di orgoglio e sfogo narcisistico. Anche quando sono accompagnate da emozione, partecipazione, motivazione, passione, se prive di una traduzione coerente nella realtà degli atti, non rappresentano vera comunicazione, ma risuonano come falsificazione ambigua, dove è impossibile toccare un fondo solido di veridicità. Sia per chi le dice, ma anche per chi ascolta e dovrebbe credere. Queste parole, una volta svelata la loro debolezza, non sono più autentica comunicazione, perdono di efficacia nei vari contesti. Addirittura possono diventare pericolose, magari quando sono il veicolo di insegnamento, visto che il comportamento del modello “disconferma“ quanto le parole vorrebbero. Vedi spot pubblicitari, persuasioni occulte, terapie “miracolose”. Le parole e le frasi piene, invece, hanno un suono certo e modulato e portano con esse intenzioni, esperienze, vissuto emotivo, voglia di condividere e di trasmettere, percorso intellettuale, senso di responsabilità e la capacità di traduzione coerente in atti concreti. Sono diventate parole piene presso il Tavolo regionale di cooprogettazione per l’Acqua il progetto “16 Pozzi d’acqua per l’Air” portato avanti dall’Associazione Via Montereale nell’ambito di una più ampia programmazione rivolta ai Paesi dell’Africa dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Gambe robuste e tanto lavoro di sensibilizzazione già fatto per la diffusione sul territorio della cultura Tuareg, hanno dato consistenza alle parole. L’Associazione, unica non ONG, ma semplice associazione culturale, è stata ammessa a partecipare. È riuscita ad ottenere un finanziamento per la messa in opera della prima trance del progetto: la realizzazione dei primi pozzi d’acqua nell’Air. Si spera, ovviamente, che la passione e la perseveranza continuino ad avere le parole piene e le gambe lunghe.
Marina Stroili
Tuareg in mostra
Dal 15 a 24 settembre dura l’esposizione sulla Danza Tuareg con immagini del fotografo Udo Koehler nella Sala delle Colonne dell’Amministrazione Provinciale di Pordenone (orario 17,00-20,00). Un piccola esposizione che può considerarsi una “chicca” visto che tale attività ludica dei signori del deserto per antonomasia non viene quasi mai presa in considerazione da chi ne studia origini e storia. La mostra fa parte del grande progetto svolto a favore di questa cultura che l’associazione “via Montereale” sta portando avanti da un paio d’anni. Dopo la mostra di Pordenone (che segue quella svolta due anni fa presso il chiostro di San Franscesco) è prevista l’apertura di una ulteriore esposizione ad Aviano (l’ultima settimana di novembre e la prima di dicembre 2006) dove, stavolta, verranno proposte immagini diverse.
Convegno
È intitolato Genialità & Integrazione il convegno promosso dalla Provincia di Pordenone, dal Liceo Leopardi Majorana di Pordenone e dall’Associazione “via Montereale”. Lo scopo è proporre la riflessione su talune avanguardie rivolte al recupero del handicap che permettono così nuovi percorsi per l’inserimento dei disabili nella scuola italiana. Nell’occasione si parlerà soprattutto di tre metodi, la Comunicazione Facilitata, il Metodo Feuerstein e il Metodo Berard. Quest’ultimo in particolare tratta dell’assestamento dell’udito attraverso una correzione tecnica fatta attraverso un apposito apparecchio che modifica certi toni musicali costringendo l’orecchio interno della persona interessata a funzionare meglio. I relatori del convegno saranno Loredana Alajmo (Feurestein), Sophie Chastel (Berard), Roberto Pozzar (Comunicazione Facilitata), ma anche Sergio Vitali che parlerà sull’apertura ai nuovi percorsi, l’attore Carlo Pontesilli con la lettura scenica dell’Atto Unico di Ludovica Cantarutti intitolato “Il maestro e l’ostrica” (un lavoro sulla Comunicazione Facilitata), nonché Sergio Chiarotto preside del Liceo pordenonese e ancora Ludovica Cantarutti con un’esperienza personale. Il convegno si svolgerà nella giornata del 14 ottobre 2006 con inizio dei lavori alle ore 9,00.
INDIA
Sarà “India fra mito e realtà” il tema di tre conferenze promosse dall’Associazione “via Montereale” che si terranno nei pomeriggi del 2, 9 e 16 novembre 2006 presso la Sala Incontri del Comune di Pordenone (inizio previsto ore 18,00). Le conferenze fanno parte del programma di conoscenza delle culture lontane per cui lavora da anni il sodalizio pordenonese che gode dell’appoggio del Club UNESCO di Udine. Relatore dei tre incontri sarà Claudio Nappo, orientalista, storico, antropologo, impegnato nella diffusione del dialogo interculturale ed organizzatore di incontri e convegni in tutto il mondo. Negli ultimi tempi Nappo si dedica, inoltre, all’approfondimento ed al sostegno del mondo femminile. I temi delle tre serate saranno i seguenti, Introduzione all’Induismo-Buddismo, L’India delle donne e La poliandria tibetana.
UN’ALTRA STORIA
Un percorso di studi eccellente, una vita appagante nel campo professionale e poi…una malattia danneggia il cervello. L’opinione comune tende a ritenere una lesione cerebrale come un danno a tutto il cervello e quindi un danno alle principali funzioni che esso coordina. Anche la sua famiglia ha ritenuto che le parole essenziali, slegate dalla costruzione di frasi da lei pronunciate per comunicare con il mondo fossero una limitazione al linguaggio ricco ed articolato di una persona laureata e in carriera, provocata dalla terribile malattia. Probabilmente nel periodo immediatamente successivo all’ictus è stato davvero così. Lei vede sporadicamente la sua famiglia e i suoi amici. Trascorre le sue giornate a casa con una persona assunta dai suoi familiari per aiutarla dato che anche dal punto di vista motorio la sua autonomia è stata compromessa. Un giorno per caso a casa di una sua amica trova un computer, strumento a lei caro dato il suo passato di giornalista. Si avvicina, sa perfettamente come funziona, scrive alcune parole con qualche errore di grammatica; sposta il cursore e corregge. Le vengono fatte alcune semplici domande e lei risponde correttamente senza alcun supporto fisico, ma con parole essenziali senza la costruzione del periodo. Non fa più errori di grammatica. Quindi le si fanno alcune domande personali delle quali non si conosce la risposta e lei risponde con la costruzione della frase assolutamente corretta. Spento il computer e ricordati con rammarico i bei tempi al lavoro, viene naturale di chiederle perché se è capace di costruire un discorso così come abbiamo appena visto fare al computer, nel linguaggio orale usa solo parole semplici e sconnesse: “Le mie sorelle mi capiscono lo stesso; la maggior parte del tempo la trascorro con una badante russa che non dice una parola in italiano…e io non parlo russo. La malattia è un fattore fisico ma solo gli altri possono trasformarla in condizione di disabilità.
Melania Vitali, educatore
PICCOLA CORRISPONDENZA DA CUBA
I chiaroscuri e i miracoli di Cuba Cuba è l’sola dove l’inimmaginabile coesiste. Si parte da Santa Clara con l’immagine del Che negli occhi e l’imponente mausoleo alla sua memoria. La meta turistica è Cajo Santa Maria, ancora intoccato reef, vasto impero di mangrovie, sabbia e mare, prima che questo arcipelago, che ha in programma lo sviluppo e la costruzione di 28 hotel e di una pista di atterraggio, venga sfigurato come Varadero, meta del turismo di massa, Rimini cubana per stranieri. Tappa a Remedios, provincia dal fascino coloniale ed uno dei più antichi insediamenti dell’isola, nonché monumento nazionale. Con la sua piazza centrale alberata da alte palme, Plaza Martì, l’aria di tranquilla cittadina, dominata dalla Parroquial Major de San Juan Bautista. Caffè con tavolini all’ombra, un bicchier d’acqua, pochi passi sotto le palme ombrose, seguiti dall’occhio attento del tassista, che ha vivamente raccomandato una vista alla Chiesa, costruita nel 1682. Si entra, uno scalino, poi bisogna spostare una tenda scura. I mobili della sacrestia sono imponenti: candelabri, panche, inginocchiatoi, cassettiere con colonne a torciglione, in stile spagnolo, scuri. Anche la chiesa è buia, con il suo altare barocco con dorature e un soffitto a volta in mogano; dipinti alle pareti. Si avvicina, senza tonaca, quello che crediamo il prete: normale, mi dico, in un paese dove si offrono alla Madonna rhum, sigari, frutta, profumi, come abbiamo visto alla basilica de Nuestra Segnora del Cobra, santa patrona di Cuba. Il prete-penso- ed inizia a parlare in spagnolo con il nostro amico Otello della chiesa, della sua importanza e bellezza. Si chiama Francisco -racconta- ed è solo il sacrestano, perché: “Insieme alla fede in Dio, mi piacevano troppo le donne, tanto che ho avuto due mogli”. “Dalla seconda –prosegue- ho avuto due gemelli ed uno di questi è morto di tumore, dopo essere stato curato con tutto quello che la scienza mette a disposizione, anche l’energia magnetica”. Tornata a casa mi documento presso un amico medico, che conferma il livello altissimo di sviluppo della medicina a Cuba, anche della ricerca e dell’utilizzo antesignano delle medicina alternativa a fianco della medicina tradizionale. Castro -prosegue Francisco- ha fatto sì che a Cuba tutti avessero assistenza sanitaria e potessero anche studiare, secondo i propri orientamenti. Uno dei e miei nipoti ha studiato musica ed ora suona in una band che si trova in tournee negli Stati Uniti”. “Voi sapete -prosegue- che questa chiesa è famosa anche perché possiede l’unico quadro che rappresenta la vergine visibilmente incinta. Studiosi da tutto il mondo sono venuti ad analizzarla perché è evidente una gravidanza di 6 o 7 mesi. Ebbene, è l’unica al mondo”. La pancia in effetti c’è e la religiosità di Francisco, sacrestano che ama “las muheres” sopra tutto, onora Dio, mostra il quadro della vergine incinta come un segno della sua vicinanza al destino degli uomini.
Chiara Enrichetta S.
Pretesto forgiato Avana, autore Paolo Ghiotto Marin
Paolo Ghiotto Marin fa il suo esordio letterario con “Pretesto forgiato Avana”. Si tratta un’opera strutturata in modo da rendere vivo nella lettura e quasi palpabile attraverso una dinamica di pretesto, canto e controcanto, il movimento, il ritmo ed il mistero della scoperta della città dell’Avana. Sono dieci i Pretesti del libro, dieci poesie di Elvira Rodriguez Puerto, poetessa e scrittrice cubana, amica, ospite e guida dello scrittore durante la sua permanenza nella città, che fanno da sfondo al libro. A queste, intitolate “Galenas”, Paolo Ghiotto Marin accompagna il suo canto e Controcanto, raccontando l’anima della gente, la ricchezza dei controsensi che la vita della capitale mostra allo scrittore-viaggiatore. Trovando una soluzione letteraria originale alla domande che, socraticamente, lo tormentano: “Come prendere l’Avana? Come dar voce all’anima macerata de l’Avana Vieja? “L’Avana si tinge di rosa e malva, quando il tramonto sembra infondere un senso d’equilibrio e di giustizia all’accozzaglia di controsensi adagiati sui quartieri diroccati!”, si legge. Una scoperta che non finisce mai di stupire, che apre a numerosi e mai definitive liberazioni poetiche dal velo: dove l’energia letteraria diventa voce, come scrive l’autore: “..capace di sradicare barriere geografiche e politiche, con il solo intento di testimoniare la vita quotidiana…militando”. Un approccio e un pathos quanto mai attuali, vista l’evoluzione della situazione a Cuba e suoi possibili ed imprevedibili scenari di esito. “Ci si potrà mai liberare dal giogo, salpare dall’isola senza doversene vergognare? Senza dover subire il giudizio di chi ingabbia con una mano e culla con l’altra?” si domanda lo scrittore. Questo libro, inoltre, rappresenta un progetto concreto: con gli introiti ricavati dalla sua vendita (€ 10) l’autore costituirà un fondo, atto a promuovere la pubblicazione di opere latino-americane in Italia. Infine, entro l’anno “Pretesto Forgiato Avana” sarà pubblicato anche in Cile.
M.S.