Nota biografica dell’autore
Louis-Philippe Dalembert
Louis-Philippe Dalembert è nato a Port-au-Prince nel 1962. Ha studiato ad Haiti e in Francia, dove ha conseguito il dottorato in Letterature comparate. Poeta e giornalista, ha soggiornato a lungo a Parigi e, nel 1994-95, presso l’Accademia di Francia a Roma. Attualmente è vicesegretario agli Affari culturali presso l’Istituto latino-americano di Roma. Ha pubblicato fra l’altro: L’Autre Face de la mer, romanzo. Stock, Parigi 1998 (Premio RFO del libro 1999, Borsa Poncetton della Société des Gens de Lettres). Le Crayon du Bon Dieu n’a pas de gomme, romanzo. Stock, Parigi 1996. Tradotto in italiano nel 1997. Le Songe d’une photo d’enfance, racconti, Le Serpent à Plumes, Parigi 1996. Evangile pour les miens, poesia, Choucoune. Port-au-Prince, 1982. et le soleil se souvient… seguito da pages cendres et palmes d’ambe, poesia. L’Harmattan, Parigi 1989 (Grand Prix di poesia della città di Angers). Du temps et d’autres nostalgies, poesia. Les Chaiers de la Villa Médicis. Roma 1995. Les îles de plein sel, poesia. Vwa, La Chaux-de-Fonds 1996. Alcuni suoi testi e opere sono stati tradotti oltre che in italiano, in danese, serbo, spagnolo e portoghese.
Presentazione del Volume
L’Associazione “via Montereale” è particolarmente lieta di presentare il Quaderno n.4 dedicato alla produzione poetica dello scrittore haitiano Louis-Philippe Dalembert. Ciò nello spirito che per Statuto il sodalizio pordenonese si è dato nel voler onorare e diffondere le culture altre. In particolare, presentare Louis-Philippe Dalembert ci permette di concretizzare più compiutamente la sua prima venuta a Pordenone, nel marzo 2000. Ma ci permette soprattutto di porre l’accento su uno degli scrittori caraibici emergenti più interessanti dell’ultima generazione. Presentare le sue poesie in questa nostra collana costituisce un’occasione veramente unica e della quale siamo grati all’autore, soprattutto perchè attualmente, in Italia, manca conoscenza e diffusione adeguate della poesia haitiana. I grandi filoni di quest’arte, infatti, sono pressochè sconosciuti da noi. Riteniamo, pertanto, con la pubblicazione di questo Quaderno, di dare un contributo, seppure piccolo , a tale diffusione. Louis-Philippe Dalembert appartiene alla categoria di scrittori caraibici che lavorano fuori del proprio paese, appartiene quindi alla “littérature du dehors” come vengono chiamati questi scrittori a differenza di chi fa “littérature du dedans”, un elemento fondamentale per comprendere l’andamento e il valore migratorio che da Haiti va verso il resto del mondo.Va ricordato infatti che la popolazione dell’isola caraibica è stimata in 7 milioni e mezzo di abitanti dei quali, per motivi prevalentemente politici, 2 milioni vivono all’estero. Ciò spiega l’importanza della letteratura espressa in esilio. La poesia di Dalambert sembra un antico canto evocativo che dalla memoria collettiva si stacca per rinnovarsi attraverso l’esperienza delle parole di oggi, attraverso un linguaggio che non è, tuttavia, solo parola. E’ il linguaggio delle origini, intese come inizio della vita, un viaggio del dire intrapreso come metafora del tempo e dei sentimenti. Ma la parola di Dalembert resta incontaminata nonostante gli sviluppi del suo essere moderno, addirittura proiettato nel futuro. Resta incontaminata perchè ogni modernità è semplicemente un “modo” di porgersi. E dietro preme un bagaglio che da Storia si tramuta in favola e in lacrime allo stesso tempo.
L.C.
Campione di poesia francese/italiano
kariblues
à john n.
jouer à la marelle avec la mort
enfant malhabile tissant château de mots
à l’envers du destin
haie de rires d’anton
qui grèvent l’horizon
doigts entrelacés formant
arc d’insouciance
au fronton de la nuit
les mots n’exorcisent pas la mort
les vigiles ont séquestré le pont-levis
trois fois passera et la mort dira l’absolu
sans un seul regard pour l’histoire
préférant l’humain désarroi
pour écrire ses notes à rebours
trois fois passera
restera un conte d’aube
on trouva un meNdiant les yeux criblés
de mépris
(et la nuit qui s’en allait les mains noyées de sang)
il fait tant de mort dans les yeux de mon île
a john n.
giocare a campana con la morte
fanciullo maldestro che tesse castelli di parole
al rovescio del destino
siepi e sorrisi di un tempo
che gravano l’orizzonte
dita intrecciate a formare
arco di spensieratezza
sul frontone della notte
le parole non esorcizzano la morte
le sentinelle hanno sequestrato il ponte levatoio
tre volte passerà e la morte dirà l’assoluto
senza un solo sguardo per la storia
preferendo l’umano sgomento
per scrivere le sue note all’inverso
tre volte passerà
resterà una favola mattutina
si trovò un mendicante gli occhi crivellati
di disprezzo
(e la notte che se ne andava le mani inzuppate di sangue)
tanti morti ci sono negli occhi della mia isola